Miseria e nobiltà |
di Carmelo La Carrubba |
Il
testo “Miseria e Nobiltà” (1888) il capolavoro di Eduardo Scarpetta che
tanto successo ha avuto in teatro e una grande popolarità per la
versione cinematografica del 1954 con protagonista un impareggiabile
Totò continua ad interessare l’attore e regista napoletano Geppy
Gleijeses che della pièce, pur nel rispetto delle varie versioni, ha
tratto uno spettacolo in scena al Teatro Verga per lo Stabile catanese
che nel rispetto e nella condivisione delle ragioni dei miseri tende a
far ridere anche se in maniera amara.
Lo spettacolo in due atti “divide” la miseria, nella prima parte, dalla
nobiltà, nella seconda parte, impostando una drammaturgia tesa a far
riflettere sulle condizioni di questi poveracci che sono dilaniati dalla
miseria prima e dal travestimento poi quando partecipano al rito dei
nobili senza dimenticare che c’è nella riflessione una componente
grottesca o decisamente comica che è l’intento che si prefigge la regia.
Infine c’è, fra gli obiettivi del testo, un aspetto utopico che vanifica
ogni tristezza in cui Felice, alla fine, dice “Il mondo dovrebbe essere
popolato solo da gente ricca, danarosa… la miseria non doveva esistere.”
Gleijeses del protagonista ne ha fatto una maschera, alla pulcinella, un
po’ snob, con pochi riferimenti: anche perché la fame e la miseria sono
atavici e contemporanei al tempo stesso e non c’è bisogno di
storicizzarli. Una interpretazione interessante che con quella di Lello
Arena nei panni di Pasquale costituiscono l’asse portante dello
spettacolo in cui hanno modo di eccellere, come in un caleidoscopio gli
altri attori, ognuno nel proprio ruolo, da Antonietta D’Angelo (Luisella)
a Gina Perna (Concetta) a Marianella Bargilli (Luisella) a Luciano
D’Amico (Gioacchino) a Gino De Luca (Luigino) al piccolo Peppiniello ben
interpretato da Leonardo Faiella per proseguire con Jacopo Costantini,
Gino De Luca, Luciano D’Amico, Gigi De Luca, Silvia Zora, Liliana
Massari, Vincenzo Leto.
Il pubblico si è divertito sicuramente tanto anche se non in maniera
viscerale perché la comicità di questo spettacolo un po’ è prevista e un
po’ è prevedibile perché la “fedeltà” al testo se rassicura da un lato
ne smorza la curiosità dall’altro.
Applausi misurati durante lo spettacolo; alla fine più consistenti da
parte di un pubblico comunque appagato.