Ma di comico nello spettacolo in oggetto nemmeno l’ombra, forse per la traduzione ma sicuramente per l’impostazione registica. La vicenda è ambientata nella Russia di Stalin del 1953 quando il dittatore concluse la sua esperienza terrena. Il protagonista dello spettacolo è un intellettuale Yuri Petrovski, ben interpretato da Angelo Tosto che viene inviato dal sindacato degli scrittori in un manicomio per spiegare ai degenti la storia del comunismo nella presunzione che questo possa fare rinsavire i pazzi. Il protagonista, nello svolgere il suo compito, avverte l’insostenibile contraddizione che esiste nell’ospedale-prigione, così la sua esperienza diventa una presa di coscienza. Perché ? Ma perché lo scrittore prima convinto della bontà del suo compito alla fine si convince della incongruenza del sistema sovietico e non trovando altra alternativa, passa dalla parte dei malati. Diventando anch’egli un malato o – data la reale situazione politica – un dissidente.
Angelo Tosto, nei panni dell’intellettuale engagé, ne disegna la figura con ricchezza di notazioni psicologiche e la umanizza facendola passare dalla parte dei deboli. Gianpiero Borgia nella messa in scena ha attenuato fino ad eliminarli gli aspetti grotteschi optando per una rappresentazione seriosa che non è realista, né comico-grottesca, né metaforica, né drammatica.
I due atti, ambientati nell’ospedale psichiatrico forse vogliono
richiamare l’attenzione su come viva un popolo sotto la dittatura dove
non era pensabile il ridicolo anche se la storia del comunismo ha avuto
una fine amaramente comica. Perché la comicità è insita nella dittatura
come dimostrò magistralmente Chaplin e come confermò il regime sovietico
quando cadde per sua implosione. Pertanto lo spettacolo si svolge in un
clima tetro che Franco Buzzanca ha sottolineato con i suoi grigi che
rendono ancor più livida quella realtà. Come realista è la figura ben
disegnata da Annalisa Canfora, l’infermiera stalinista che si muove con
sicura determinazione in un luogo così squallido. Hanno ben
caratterizzato i loro personaggi gli altri componenti del cast da
Gianpiero Borgia a Christian Di Domenico, a Giovanni Guardiano, Daniele
Nuccetelli, Alessandra Barbagallo, Giorgio D’acquisto, Salvo Disca,
Liborio Natali, Chiara Seminara. Donatella Capraio ha curato i movimenti
coreografici e tutti hanno intonato il Canto del partigiano. Spettacolo
che ha una sua logica ben rispettata dal pubblico che credo non l’abbia
condivisa per come è stata sviluppata ma che ha applaudito, come il
sottoscritto, la fatica degli attori e di tutti gli altri
professionisti, perché, in sostanza, lo spettacolo non racconta e non fa
capire ai giovani a cui è intirizzato quanto promesso nel titolo.
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