La bottega del caffè
di Carmelo La Carrubba

 

 

La commedia di Carlo Goldoni “La bottega del caffè” spicca per la carica innovativa in quanto più che dedicarsi allo sviluppo di una storia, di un carattere o di una passione essa punta alla rappresentazione di un luogo pubblico in cui svariati personaggi sono condotti da diversi interessi e dove numerose azioni si svolgono contemporaneamente in maniera corale.
Nello spettacolo “La bottega del caffè” di Nicola Alberto Orofino sua la regia, le scene sono di Federica Buscemi, i costumi di Graziana Allegra, con la compagnia dei “XXI in scena” ospiti sul palcoscenico del Teatro Musco per lo Stabile di Catania si assiste alla rilettura di questo testo condotta in maniera singolare. Nicola Alberto Orofino nella sua rilettura si è mantenuto fedele alla parola di Goldoni, ai suoi personaggi e al loro carattere accettando così struttura e linguaggio scenico e ci offre una società dominata dalla crisi economica, dalla enfatizzazione del denaro comunque acquisito e da una crisi dei valori morali che investe i rapporti dei protagonisti. Inoltre in questa commedia uno dei temi principali è il gioco d’azzardo capace di avere ripercussioni catastrofiche su individui e famiglie.
Tre secoli fa fu Goldoni a mettere il dito nella piaga, oggi, l’analisi dei mali di una società sono analoghi e sicuramente Orofino si è rivolto al Goldoni per rappresentare al meglio l’attualità di una società e l’ha fatto senza cadere in un pessimismo senza ritorno anzi ha cercato di ricomporre la storia di quegli individui nella speranza di recuperarli da una facile deriva.
Nello spettacolo di Orofino i protagonisti sono un caffettiere che rappresenta l’onestà; un mercante col vizio del gioco e delle donne che sta dilapidando il patrimonio; uno spregiudicato biscazziere e un baro e delle donne Vittoria teme la propria rovina per la dissolutezza del marito mentre Placida cerca il proprio uomo per far fronte ai suoi impegni e infine Lisandra, la ballerina che sta soltanto con chi ha soldi da spendere. Fuori dal coro è don Marzio: artista visionario che non accetta la realtà in cui è costretto a vivere perché in una società ingiusta non ci può essere posto per lui.
L’ottimo cast è composto da Marcello Montalto, Silvio Laviano, Francesco Vitale, Francesco Bernava, Barbara Gallo, Alessandra Barbagallo, Egle Doria, Emanuele Puglia e Carmen Panariello.
Nicola Alberto Orofino poteva raccontarci questa storia come l’abbiamo detta senza farne né una tragedia né una farsa ma una commedia in cui per dire che è moderna e attuale o di oggi non è necessario ricorrere ad una pizzeria che ricorda sempre un vecchio caffè dove la musica rock viene sparata a tutto volume e dove per dire che poteva trattarsi di Catania non c’era bisogno della musica di Bellini gelando la platea.
A Orofino non mancano idee e capacità di direzione nella valorizzazione degli attori come non manca la cultura e l’intuito di scegliere Goldoni come suo autore né lo sdegno morale verso una società che produce falliti, ludopatici e scontenti ma – ripeto – senza gelare la platea e creare altro sdegno.