Il berretto a
sonagli |
di Carmelo La Carrubba |
Tanti
lustri fa conversando con Glauco Mauri – attore e regista – ai tempi in
cui Turi Ferro portava in scena il personaggio di Ciampa, notavo come
Mauri riconosceva agli attori siciliani un qualcosa di particolare
(orgoglio, senso dell’onore, una razionale visceralità) che li faceva
unici nell’interpretare Pirandello: ieri Randone, oggi Ferro. E
riconosco ancora che sono valide le indicazioni pirandelliane nella
scelta dell’attore principale che – ai suoi tempi – fu Angelo Musco –
attore comico ma con enormi risorse drammatiche che trovava nel
grottesco il suo modo di rappresentare la drammaticità delle situazioni.
Tanto è vero che è condivisibile la scelta del regista Giuseppe
Dipasquale nell’affidare a Pino Caruso attore comico dalle sfumature
umoristiche – il ruolo di Ciampa e a Enrico Guarneri il ruolo del
delegato in una interpretazione dall’alta resa comica. Infine – sempre
nel solco registico di Dipasquale – è più che logica la visione di un
Ciampa personaggio vittima e non carnefice che pur nella fatalità del
“vecchio” e lontano da gesti giganteschi trova in un rigurgito la
necessità di riscattare l’onore di quel Pupo che è in noi e merita
rispetto. E lo fa con i mezzi di un sofisma per ribaltare lo specchio
della verità e fingerlo in pazzia.
E così l’eccesso di gelosia della borghese Beatrice Fiorica – nella sua
esasperazione – diventa la necessaria premessa alla pazzia che sarà la
soluzione di una vicenda che salva le apparenze con l’ipocrisia della
finzione.
Parliamo dello spettacolo “Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello in
scena al Teatro Stabile Verga di Catania nella messa in scena di
Giuseppe Dipasquale che ha proposto una lettura pirandelliana
nell’ottica di una filologia dei sentimenti dell’Autore (è fortemente
autobiografico il personaggio di Beatrice Fiorica che ricalca le
vicissitudini della moglie Maria Portulano che sarà messa in casa di
cura per la sua follia che trovava nella gelosia la sua matrice), nella
scelta del protagonista come uomo anziano innamorato della giovane
moglie che non vuole perdere e accetta anche il tradimento pur nella
ipocrisia di una verità nascosta, che col personaggio del delegato trova
quel grottesco irresistibile grazie ad Enrico Guarneri e, inoltre, sa
dosare l’umorismo delle situazioni conferendogli quell’amarezza comica
che è tipica dell’agrigentino, inoltre, c’è nel personaggio della
Saracena un elemento inedito rispetto alle altre edizioni che può fare
riflettere: Sarah Zappulla Muscarà con la pubblicazione delle opere di
Pirandello scritte in dialetto ha dimostrato quanto più ricca di
sonorità e completezza espressiva sia la lingua siciliana e come una
edizione in lingua girgentano sia nei poteri di uno Stabile poter
rappresentare. La Saracena parla in dialetto – ma in quello palermitano
- non in girgentano (mi scuso perché non trovo una spiegazione). Inoltre
Dipasquale ha ricreato il salotto borghese come quella stanza della
tortura dove si consumano i drammi di una borghesia in via di estinzione
e dove si accede “a strati” per capire anche l’intimo del proprio animo
dove si tessano assurde trappole come ragnatele che – opera del
grottesco – uccidono l’autore della trama.
In questa edizione in cui le scene di Antonio Fiorentino e i costumi di
Elena Mannini materializzano la sontuosa ricchezza della borghesia
provinciale e suggestive sono le musiche di Malher che sottolineano le
morbose atmosfere di anime doloranti e le luci di Franco Buzzanca tutto
ha l’amarezza di una beffa.
Pino Caruso ha caratterizzato Ciampa in sottotono come si conviene ad un
anziano tenuto in poca considerazione che però da siciliano trova il
modo di diventare un Cotrone – un mago capace di trovare le ragioni di
una verità che sarà frutto della menzogna.
Magda Mercatali: una interpretazione all’insegna della sofferenza e del
dolore che grida vendetta. La sua gelosia diventa la trappola in cui si
va a cacciare. Le sue grida, la sua apparente lucidità, il suo spezzare
la logica del discorso scegliendo la soluzione del rischio appartengono
a quel grottesco della situazione che coinvolge il senso dell’intera
pièce.
La signora Assunta è interpretata con bravura da Loredana Solfiti.
Enrico Guarneri è il delegato Spanò. Interprete di un ruolo chiave sia
negli sviluppi della vicenda che nel dare il “tono” grottesco ad una
situazione che matura nel modo più illogico possibile però nel chiaro
disegno strutturale di un testo perfetto nella sua concezione e nella
sua scrittura.
Dely De Majo è la Fana, la vecchia serva, esprime fiducia e buon senso.
La Saracena di Emanuela Muni è un’interpretazione ben riuscita di un
personaggio che appartiene alla Sicilia di un tempo che fu.
Enzo Gambino – fratello di Beatrice – si inserisce benissimo col suo
personaggio di fatuo bellimbusto nell’economia del racconto scenico.
Così Gilda Colonna, giovane moglie di Ciampa.
Il pubblico ha recepito favorevolmente e apprezzato lo spettacolo
restando forse un po’ frastornato all’inizio di fronte ai toni bassi
adoperati da Pino Caruso (forse perché abituato ai toni sanguigni e alla
vigoria mentale dei personaggi disegnati da Randone, Ferro, Eduardo,
Stoppa) che però man mano che costruiva il personaggio di Ciampa con le
sue caratteristiche peculiari veniva inteso dal pubblico. Applausi
durante e alla fine dello spettacolo.