Annata ricca
di Carmelo La Carrubba

 

 

“Annata ricca” e di conseguenza “Massaru cuntentu” per la ricchezza del raccolto, è antica riflessione di un detto siciliano e altrettanto si può dire per la stagione teatrale al Brancati sia per affluenza di pubblico che per qualità degli spettacoli che chiude con questo testo di Nino Martoglio: in scena dal 5 al 22 maggio 2016.
Questa commedia in due atti scritta da Martoglio dopo il successo di “Liolà” di Pirandello ne ricalca alcuni temi legati alla terra ma soprattutto è una celebrazione di un rito quello sul sesso com’era inteso nel mondo contadino: un tema dionisiaco molto sentito e frequentato nell’antichità.

 

La vendemmia in Sicilia scatena con la sua convivialità uno sfrenato gioco di allegria e di complicità e ha come fine l’unione dei sessi. Complice il vino si assiste a unioni, a tradimenti, alla stipula di patti, ad altrettanti tradimenti in un clima di gioiosa festosità che scaturisce dalla natura di una terra che sembra rinvigorire il gioco dei sentimenti ma soprattutto l’urgenza di una carnalità insita nel rapporto amoroso; per cui anche il linguaggio ora ironico ora decisamente malizioso è giocato sul doppio senso e il suo scopo – nell’allusione sessuale – rimane l’accoppiamento.


La vicenda si snoda in una giornata della vendemmia a fine settembre durante la pigiatura dell’uva e nel giorno di San Michele nell’interno di un palmento di una masseria in cui Mastru Filippu, Miko Magistro racconta e dirige un coro di contadini ubriachi di amore e di sesso e lo fa con sproloqui a doppio senso ma anche attraverso il “cuntu” dei Paladini di Francia in cui dopo il duello fra Orlando e Rinaldo per l’amore di Angelica , il narratore riflette sulla superiorità della donna sull’uomo per la sua prorompente carica sensuale. Ma c’è anche la storia di Massaru Michelangilu e delle sue astuzie interpretata da Tuccio Musumeci con la consueta verve interpretativa. E le storie sono tante e ingrossano il contenuto di una coralità che è la caratteristica della commedia che si avvale della regia di Giuseppe Romani che ha impresso ritmo e armonia all’intero spettacolo che a tratti ha l’andatura di un musical: le scene e l’ambientazione sono di Jacopo Manni e ricalcano quel mondo contadino che fu in Sicilia fino alla Seconda Guerra Mondiale; i costumi d’epoca sono delle sorelle Rinaldi mentre le musiche di Matteo Musumeci ora ironiche ora sensuali sottolineano quel clima di sfrenata allegria che era di un’epoca che ebbe nella vendemmia forse la sua più intensa manifestazione; le ottime coreografie di Silvana Lo Giudice hanno dato allo spettacolo, al suo linguaggio scenico, quella leggerezza – ripeto – che è del musical.


Concludendo si può dire che l’ottimo spettacolo si avvale di un numeroso cast che ha creato una intensa coralità pur mantenendo ciascun attore una distinta individualità che li fa apprezzare ognuno nel proprio ruolo da Laura Sfilio a Lucia Fossi madre e figlia della famiglia di Massaru Michelangilu a Giampaolo Romania a Enrico Manna a sua moglie Evelyn Famà , al sovrastante Claudio Musumeci, a Margherita Mignemi che si è resa più che divertente ricorrendo ad una inedita gag, a Roberto Fuzio, Giovanni Strano, Lorenza Denaro, Marisa Pugliesi, Luigi Nicotra, Alessandro Pizzimento a Giorgia Torrisi.
Spettacolo divertente e giocoso ben apprezzato dal pubblico che ne ha gustato leggerezza e comicità applaudendo durante e alla fine della rappresentazione.