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Inquietanti analogie
Il
23 marzo del 1919 a Sansepolcro venivano fondati i Fasci di
combattimento: demiurgo Benito Mussolini, un maestrucolo di provincia
che, rocambolescamente, da neutralista era diventato interventista, da
socialista crea il movimento fascista così da lui chiamato che si
rivolge, alla fine di una sanguinosa guerra, a tutti coloro che sono
rimasti delusi: reduci che vengono insultati dai socialisti contadini
che speravano nella promessa (mai mantenuta) della terra a chi la
coltivava, piccoli e medi borghesi che vedono sminuito il loro ruolo
dall’avanzata del proletariato, grossi agrari che per lo stesso e
contrario motivo, vedono minacciate le loro proprietà. Tutti uniti
contro una classe politica rissosa, livorosa, divisa da odi profondi,
cattolici contro laici, liberali contro socialisti, giolittiani e
antigiolittiani, socialisti riformisti contro socialisti massimalisti.
E, su tutti, il Vate D’Annunzio che tuona contro la “vittoria mutilata”
e condurrà poi l’impresa di Fiume.
Mussolini è lì, finito il vento favorevole specula
sui malumori che appestano il clima politico, tuona contro tutto e
contro tutti, usa un linguaggio violento, ha un’oratoria trascinante è
un personaggio muovo nel panorama politico del tempo, suscita curiosità
in alcuni e battute ironiche nei vecchi soloni della politica ormai
mummificati nei loro ruoli e incapaci di vedere il pericolo che minaccia
non solo loro ma il Paese.
Sappiamo tutti come andò a finire: il “maestrucolo”
poco a poco fagocitò gli avversari, da poche centinaia di seguagi
conquistò in pochissimi anni la maggioranza in quel Parlamento che
disprezzava e che, qualche anno dopo definì “un’aula sorda e grigia”
Si dice che la Storia si ripete una volta è dramma e
dopo è farsa.
In quale fase è oggi l’Italia?
Certo oggi non c’è al Quirinale un imbelle Vittorio
Emanuele ma fino a quando?
Abbiamo ancora bisogno di un guru (Casaleggio) e di
un pifferaio (Grillo)?
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