Un secolo di cinema 
a Catania  di Raffaello Brullo

 

Gli inizi della cinematografia a città di Catania hanno rappresentato un’importante espressione di quel verismo che aveva messo in luce aspetti sociali e umani della realtà siciliana a cavallo tra Otto e Novecento  caratterizzati da una condizione di estrema emarginazione e sofferenza delle classi svantaggiate. 

Questa osservazione minuta della realtà e del comportamento dell’uomo in determinate situazioni storiche e sociali , pur nelle secche di un clima espressivo condizionato dagli schemi ideologici del tempo, costituì un elemento risolutamente nuovo nel contesto di una produzione dominata da finalità propagandistiche di sostegno ai gruppi egemoni e alla loro visione del mondo.

Si cominciò a parlare di cinema a Catania ai primi del ‘900 e Martoglio ne fu un capostipite. Fu allora che sorsero parecchie case di produzione, come la Morgana Films,la Jonio Films e L’Etna Films, che fu la prima impresa cinematografica cittadina e produsse un centinaio di films di circa 1500 metri, che oggi rappresentano la normalità come lunghezza , ma per quei tempi erano un lusso. Ricordiamo alcune pellicole che segnarono la storia cinematografica catanese: "Il Benefattore", "Il Marchese di Roccaverdina", "Capo Rais", diretto da Nino Martoglio e interpretato da Giovanni Grasso, "La guerra", "La paternità", "Il Nemico", "Patria Mia" e moltissimi films comici che a quel tempo costituivano la grande maggioranza.

Nel variegato panorama cinematografico catanese la figura più rappresentativa fu Nino Martoglio, che esordì nella veste di regista con il film : "Sperduti nel buio".

Il tardo verismo rappresentato dai films di Martoglio, attento ai fattori caratteristici del linguaggio popolare, utilizzava motivi contenutistici di certa produzione Italiana contemporanea che rientravano nel clima di riscoperta dell’uomo e del dramma quotidiano dell’esistenza. A questo proposito ricordiamo "Capitan Blanco", prodotto dalla Katana Films, dove il regista trae spunto dalla rappresentazione teatrale "Il Palio" , avente per protagonista Giovanni Grasso e Virginia Balistreri.

Ai primi del 900 si ebbe il primo esperimento di cinema scolastico per merito di Stefano Cremonesi che pose in rilievo l’utilità didattica del cinema. Venne aperto in Via Spadaro Grassi, il cinema "Lumiere"(oggi non esiste più) dove si proiettavano pellicole con fini educativi e documenti di viaggi, che però non riscossero molta simpatia. Poi le vicissitudini della prima guerra mondiale frenarono per qualche tempo questi primi esperimenti di cinematografia.

Sono comunque le esperienze cinematografiche di Musco e della Anselmi, che non resistono al fascino dello schermo, a portare vera linfa espressiva al cinema catanese. Opere come "S.Giovanni Decollato" , "L’aria del Continente", "Gatta ci cova" e altre accrescono decisamente il prestigio del cinema catanese in ambito nazionale. Nel 1948, dopo alcuni isolati tentativi, Luchino Visconti sbarcò ad Acitrezza con la sua troupe e girò un capolavoro del cinema neorealista, con attori presi dalla stessa località e ispirato al romanzo di Giovanni Verga "I Malavoglia".

Il successo fu immediato e l’eco che ne ebbe Visconti fu a carattere internazionale, compresi i premi. Poi, smaltita la sbornia per questa improvvisa celebrità ci fu una lunga fase di quiescenza della cinematografia di produzione o ambientazione siciliana. Ma a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 si verifica un deciso risveglio con un meraviglioso scenario da sfondo: Via Crociferi, con l’esaltazione del suo bel barocco settecentesco e con la presenza di tanti uomini di cultura catanesi. Tra questi Vitaliano Brancati ed Ercole Patti, scrittori catanesi emigrati a Roma, entrambi con una forte carica letteraria di sensualità che trovava risonanza negli inizi del filone erotico cinematografico.

Se per Brancati il sesso era tortura dei sentimenti, per Patti fu qualcosa di estroverso e mondano sia pure a volte venato di languore e nostalgia. Fu proprio dai racconti di questi scrittori catanesi che parecchi registi di grande spessore come Luigi Zampa, Mauro Bolognini, Alberto Lattuada, Marco Vicario, trassero sceneggiature realizzate nel meraviglioso scenario etneo.

Si tratta di film famosi come "Il bell’Antonio", con Marcello Mastroianni e Claudia Cardinale (Bolognini), premiato con la Vela d’oro al Festival di Locarno nel 1960, "Don Giovanni in Sicilia" (1966, A. Lattuada), "Paolo il Caldo" (1973, Marco Vicario) , "La governante" (1974, Gianni Grimaldi) protagonista il grande Turi Ferro, "Un bellissimo novembre" (1969, M. Bolognini) tratto dal romanzo di Ercole Patti con Gina Lollobrigida e Gabriele Ferzetti e l’Etna a fare da sfondo alle passioni, "Virilità" di Marco Cavara del 1973 prodotto da Carlo Ponti con Turi Ferro e poi "La seduzione" di F. Di Leo prodotto nel 1973, con Agostina Belli e Marc Porel
Ercole Patti era rimasto così legato a questo ambiente cinematografico da scrivere i suoi libri con l’occhio sempre fisso sullo schermo e il cinema lo aveva ripagato facendo rivivere i personaggi descritti in "Giovannino", "La cugina", e il già citato, "Un bellissimo novembre" sul grande schermo. 
Patti aveva due appuntamenti annuali fissi, a Venezia, al Festival del Cinema, e a Taormina, al San Domenico. Amava avere contatti con gente della sua terra, confrontarsi con loro, parlare in dialetto. Poi con la sua morte sembrò calare un velo su quella Sicilia piena di sogni, di passioni, di amori fantasticati nelle lunghe discussioni pomeridiane, nel glorioso Caffè Italia dietro la statua di Garibaldi.

Passato questo momento, che definirei splendido per Catania, pieno di idee, di uomini,di buon gusto, ci furono diversi tentativi di cinematografia. 
La Wertmüller mise in evidenza i temi della emigrazione, dell’industrializzazione del Nord con manodopera siciliana nel film come "Mimì Metallurgico" con Giancarlo Giannini e Mariangela Melato, "Mimì Metallurgico ferito nell’onore", "Malizia" con la bellissima e provocante Laura Antonelli, un impareggiabile Turi Ferro e l’eccellente Alessandro Momo, allora giovanissimo, che scomparve prematuramente qualche anno dopo.

La città negli anni Ottanta, soprattutto Via Crociferi, fece da sfondo all’opera di Franco Zeffirelli, tratto dal romanzo di Verga "Storia di una Capinera" dove ancora una volta vennero esaltate le atmosfere dilatate e i paesaggi tipici dell’agro catanese.In fondo Catania, con i suoi sogni e i suoi desideri inespressi, ha dato un importante apporto al cinema Italiano, al Neorealismo, al mito della Sicilia, dove i personaggi presi isolatamente, potrebbero apparire seri, o addirittura drammatici, ma bastano una battuta e una rapida inquadratura del contesto a svelarcene l’intrinseca comicità, il fondo farsesco.

Ma non possiamo chiudere questa breve storia della  cinematografica catanese senza aver ricordato il nostro straordinario Leo Gullotta, -cui dedicheremo un capitolo a parte- interprete di successo di ruoli e generi diversi: dal teatro, dove ha iniziato a fianco di grandi maestri quali Salvo Randone e Turi Ferro, al cinema –con le interpretazioni in "Cafe Express”, “Mi manda Picone", "Il camorrista","Nuovo cinema Paradiso","La scorta”,Un uomo per bene, con ruoli anche drammatici che hanno commosso il pubblico; al cabaret e al varietà, con l’irresistibile e popolarissimo personaggio della signora Leonida.

Lui ama spesso definirsi “l'operaio dello spettacolo", un uomo che ha contrastato le insidie dell'industria cinematografica perché capace di conquistare ogni tipo di pubblico, con i suoi travestimenti, la farsa  e le sue maschere  indossate solo nel piccolo schermo.